21 gennaio 2018

L'ULTIMO NASTRO DI KRAPP - Samuel Beckett

SCHEDA

Autore: Samuel Barclay Beckett  (1906 -1989) Irlanda
Titolo: L'Ultimo Nastro di Knapp
Tit. Originale: Krapp's Last Tape - La dernière bande (1958
Genere: Opera teatrale - Atto Unico
N° Parole: 3000 ca

Descrizione
Trama
Krapp, il protagonista dell'opera drammatica, utilizza come diario un vecchio registratore, in cui descrive le sue giornate, i pensieri e i desideri.
L'atto unico ha inizio con il vecchio Krapp intento ad ascoltare una sua registrazione diaristica di trent'anni prima, dalla quale si evince l'entusiasmo che l'allora giovane clown aveva nei confronti della vita. Arrivato all'età anziana e sentendo prossima la morte, deride sé stesso per il futile tentativo di dare un senso alla propria esistenza, rivelatasi poi fallimentare. (Wikipedia)

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Introduzione
Matteo Lenuzza
Krapp è tragicamente vittorioso: dalla certezza giovanile di diventare un celebre clown ha ottenuto un ruolo da pagliaccio nella vita. Le scelte l’hanno condannato a una solitudine sorda, dove l’unica voce è artificiale, lontana, tignosa e sua. Il contrappasso è scelto dal protagonista stesso, che s’infligge la pena di ricordare tramite le proprie stesse parole impresse su nastro il futuro che sognava, sgretolatosi fra le sue mani e la sua boria. Non si separa dalla bobina se non per rifugiarsi nell’alcol, che lo sostiene astraendo la registrazione e avvicinandolo alla fine dei suoi giorni; che appare imminente.
L’occasione d’un finale diverso era a portata di mano e altro volto non aveva che quello della sua compagna di giovinezza, che non manca di lodare nelle proprie registrazioni: «Stavamo là, sdraiati, senza muovere, ma sotto di noi tutto si muoveva e ci muoveva dolcemente». Ora a fargli compagnia ci sono solo le ombre, che ironicamente riesce ad apprezzare, e il proprio rimorso.


L’autore sembra relegare Krapp a un destino ancor più tragico di quello di altri suoi personaggi: se in Finale di partita Ham ha Clov alle sue dipendenze, in Ceneri Henry ha Ada per sfogarsi e nel celeberrimo Aspettando Godot gli iconici Estragone e Vladimiro hanno l’un l’altro; l’artista fallito non ha nessuno con cui illudersi e sentirsi sbagliato.
Il tempo non ha più valore perché non è più spendibile nel suo futuro indeterminato: «Che cos’è un anno oggi? Boccone rimasticato e merda di piombo» afferma nel suo cinico delirio. Ogni cosa ha ormai perso significato, anche la verità stessa che viene meno nelle ultime righe dell’opera, in cui nega di rivoler indietro il tempo perduto. Ultimo lamentoso eco della superbia che l’ha condannato.
Il ricordo è quanto mai nocivo e se non può guardare indietro a lungo perché doloroso come fissare a lungo il Sole, altro non può accettare il non-fare, aspettando che le ombre coprano, oltre che il suo corpo e la sua mente, questo grottesco finale di vita. Non c’è niente di più comico che l’infelicità.
Matteo  Lenuzza

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